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John Alcorn - logo per il film "Amarcord" di Federico Fellini
John Alcorn - logo per il film "Amarcord" di Federico Fellini

Un post che è più un pro-memoria che altro. Uno scritto su John Alcorn che ho trovato molto interessante e che riproduco qui col solo scopo di salvarlo dall’oblio.
Spero non me ne voglia l’autore (Daniele Baroni) ma, in caso contrario, me lo segnali e lo rimuoverò prontamente. Buona lettura.

Alcune considerazioni su Alcorn redatte da Daniele Baroni per il convegno su questo autore tenutosi presso l’Università Statale di Milano nel novembre 2011.

cuore di cane, michail bulgakow, biblioteca universale rizzoli, copertina flessibile disegnata da john alcorn
La mia copia di “Cuore di cane“, di Michail Bulgakov, con la copertina disegnata da John Alcorn per la BUR (Rizzoli).

JOHN ALCORN E L’ARTE DEL DISEGNO

Di Daniele Baroni

Quando nel 1971, John Alcorn da New York decise di venire a vivere con la famiglia a Firenze, interessato a lavorare soprattutto con gli editori, cercò i primi contatti a Milano. Fra amici e colleghi ci era sembrato che John avrebbe potuto arricchire il bagaglio creativo di una o dell’altra fra le grandi case editrici milanesi. Così venne presentato a Mario Spagnol, a quel tempo uno dei responsabili editoriali, fino ad allora per Mondadori per poi, di lì a poco, assumere la direzione della Rizzoli, cioè, la più diretta concorrente. John Alcorn venne immediatamente coinvolto da Spagnol che gli affidò l’intera produzione grafica dell’editoria libraria. Non fu soltanto un’opportunità di lavoro per John, ma l’occasione di costituire una vera e propria partnership con l’editore (cioè Spagnol) e, per quanto mi risulta, in perfetta armonia. Per un settore come quello editoriale il rapporto con la committenza è determinante e incontrare un editore che fra le altre competenze culturali e letterarie è anche considerato un indiscusso connaisseur des arts con uno spiccato interesse per il figurativismo, credo, abbia facilitato il lavoro creativo di John. Cosa porta in Italia nel suo bagaglio artistico Alcorn? Nato nel 1935 in un piccolo centro di Long Island nelle vicinanze di New York, dopo le scuole dell’obbligo frequenta la scuola d’arte Cooper Union, che qualche anno prima aveva diplomato Milton Glaser, con il quale John in seguito vivrà una «affinità elettiva». Quando Glaser con Symour Chwast sarà tra i fondatori del Push Pin Studio, un consorzio di grafici illustratori statunitensi, anche John Alcorn, appena poco più che ventenne ne farà parte. La filosofia che aleggia nel gruppo è a sostegno dell’artigianalità artistica con un attento sguardo al repertorio della grafica popolare americana, della stampa Ephimera; in loro vi è una buona dose di eclettismo, ma anche di un forte senso grafico nel trattare la figura, tut’altro che in modo accademico.Il Push Pin Studio ha rappresentato fin dagli inizi una scuola, un laboratorio di ricerche visive, un movimento del design grafico statunitense che ha perseguito innanzitutto, la rivincita dell’«idea» contro ogni sterile formalismo, sia pure attraverso un processo progettuale eclettico con l’intento di recuperare valori iconici già appartenenti alla storia del linguaggio grafico. Nel 1959 Alcorn entra a far parte dello staff artistico della CBS, sotto la direzione di una delle figure più prestigiose della pubblicità statunitense: Lou Dorfsman. È dunque l’occasione per John di esibire il suo repertorio decorativo secondo una iconografia di origine popolare. Quando Glaser con Symour Chwast sarà tra i fondatori del Push Pin Studio, un consorzio di grafici illustratori statunitensi, anche John Alcorn, appena poco più che ventenne ne farà parte. La filosofia che aleggia nel gruppo è a sostegno dell’artigianalità artistica con un attento sguardo al repertorio della grafica popolare americana, della stampa Ephimera; in loro vi è una buona dose di eclettismo, ma anche di un forte senso grafico nel trattare la figura, tut’altro che in modo accademico. Il Push Pin Studio ha rappresentato fin dagli inizi una scuola, un laboratorio di ricerche visive, un movimento del design grafico statunitense che ha perseguito innanzitutto, la rivincita dell’«idea» contro ogni sterile formalismo, sia pure attraverso un processo progettuale eclettico con l’intento di recuperare valori iconici già appartenenti alla storia del linguaggio grafico. Nel 1959 Alcorn entra a far parte dello staff artistico della CBS, sotto la direzione di una delle figure più prestigiose della pubblicità statunitense: Lou Dorfsman. È dunque l’occasione per John di esibire il suo repertorio decorativo secondo una iconografia di origine popolare.

In lui c’è una esuberanza disegnativa non comune, ogni figura, ogni spazio disponibile viene completato con tratti decorativi. Egli possiede un forte senso della composizione, una tendenza alla rappresentazione ironica, scanzonata, divertita, ma non grottesca o vignettistica come avviene in alcune tavole di Symour Chwast. Oltre al recupero delle stampe popolari ottocentesche già menzionate, in molte sue composizioni emerge un sottile revival Art Nouveau, nella realizzazione di forme sinuose, con qualche strizzatina d’occhio a un maestro suo connazionale, appartenente al modern style post morrissiano: Will Bradley, che negli anni a cavallo di secolo si era distinto nell’area culturale di Chicago. Ma ciò che John ama di più è il mestiere, il lavoro manuale artistico-artigianale, il rapporto fra visivo e tattile, un modo di affrontare il progetto grafico come avveniva nelle botteghe dei maestri del Rinascimento italiano – ecco perché prova un immenso piacere di lavorare a Firenze – ma per via del suo background americano, anche di sentirsi uno degli ultimi artigiani delle Arts and Crafts di origini inglesi, trapiantati sul territorio statunitense. Così come avviene in Milton Glaser, e forse un po’ per merito della famosa scuola che entrambi hanno frequentato, la Cooper Union, anche John ama sperimentare numerose tecniche disegnative: il tratto a penna, le campiture a tinte piatte, il bianco e nero, l’acquerello, i pastelli, ma anche le tempere e gli acrilici, i pennarelli Pantone, gli inchiostri di china, il collage con le carte colorate. Un sistema di segni nell’elaborazione costante di una sintassi figurativa che arricchisce i significati che egli intende raggiungere. Quando inizia a lavorare in Italia, soprattutto per Rizzoli, John Alcorn sviluppa indubbiamente una grafica nuova per la nostra editoria. Si può parlare di lui come di un caso, di un artista di antica formazione, ma tutt’altro che privo di un’indiscussa modernità.Nel suo repertorio iconografico predominano personaggi con una connotazione che ne evidenzia il carattere; in altre immgini, le figure femminili dalle amabili grazie, in nessun modo volgari che, a secondo dei casi, fanno pensare alle vergini preraffaellite, alle eleganti fanciulle Art Nouveau alla maniera di Bradley, e perché no, alle ragazze della generazione hyppies del suo tempo, cioè degli anni Settanta, che certo, John non disdegna. E poi una flora fitta di rappresentazioni simboliche, elementi del mondo zodiacale, stelle, nuvole, animali, figure emblematiche per diversi calendari, molte figure di fiori. Le storie raccontate per immagini, non soltanto quelle destinate all’infanzia, ma anche quelle disegnate tra le pagine dei periodici o nello spazio assai limitato delle copertine di libri, non sono mai narrazioni ovvie, si compongono piuttosto di singoli elementi simbolici, che letti nel loro continuum permettono di comprenderne il significato sotteso. Una delle copertine che si suppone tra le più sofferte nella realizzazione, perché per il libro era prevista una clamorosa attesa, è stata certamente quella per Berlinguer e il Professore, di autore anonimo (poi rivelatosi di Gianfranco Piazzesi). La figura un po’ enigmatica che viene rappresentata si ispira a un famoso trattato di Cesare Ripa del 1593, dal titolo Iconologia (che certamente Spagnol conosceva). La donna vestita di bianco rimanda alla figura della Libertà; la falce e martello stanno al posto dello scettro; la cornucopia ricorre spesso nelle figure del Ripa, così come l’angiolotto negli Stati Uniti John aveva collaborato con «AvantGarde», la rivista ideata e diretta da Herbert Lubalin in cui era spesso presente una figurazione erotica, nella pittura, nell’illustrazione ispirata a certa letteratura, da quella settecentesca alla Pop Art.

In alcuni numeri sono state pubblicate alcune gustose tavole di John realizzate negli anni Sessanta. Inoltre, la sua capacità di sintesi nell’affrontare il lettering: titoli e logotipi realizzati con un deciso impatto, se necessario anche disegnandoli, o modificando la composizione dei caratteri. In questo campo è allineato alla tendenza di una tipografia eclettica che ha visto come il più noto dei maestri del Type design in Herbert Lubalin, anch’egli formatosi alla Cooper Union di New York.In Alcorn non mancano certo i riferimenti a Lubalin, fin da quando disegna il logotipo del proprio adresse con un carattere Italic, su cui interviene con prolungamenti di volute calligrafiche, fino a tutta la corporate realizzata per la ditta Morgan, dalla carta da lettera alla pubblicità. E all’adozione, nelle copertine, di caratteri progettati dallo stesso Lubalin, a cominciare dall’oramai famosa serie dell’AvantGarde. Fra l’illustrazione dinamica, creativa, permeata di humor e ironia in tutti i suoi aspetti immaginativi e un lettering vivace e di forte impatto, avviene nelle sue composizioni una forte e sinergica integrazione.

E ancora, lo studio del «terzo registro», cioè dell’ornamento, della decorazione, oltre l’illustrazione e il lettering, per John è quello delle cornici e dei fregi per identificare le serie di volumi, veri e propri sottosistemi visivi. Tutto questo fa parte dell’eccezionalità del personaggio, per il quale i tre livelli appena descritti interagiscono e si compongono in equilibrata tensione. Basti pensare al rilancio della BUR, a cominciare dal design del marchio, fra il tipografico e il calligrafico, con quella voluta un po’ neoliberty che lo contraddistingue. La proficua collaborazione di John Alcorn con Mario Spagnol proseguirà agli inizi degli anni Ottanta, anche dopo il rientro negli Stati Uniti, nel percorso di altri itinerari editoriali: Longanesi, Salani, Guanda, Tea. In questo caso, nella collaborazione con il gruppo che si stava formando, la richiesta era di predisporre nuove griglie, cornici, varianti di colori. Tematiche che John Alcorn ha sempre risolto con risultati brillanti e caratterizzanti. Purtroppo la sua vita così densa di interessi per la sua gioiosa attività si è prematuramente fermata nel gennaio del 1992. Ora lui ha un posto nella storia.
Daniele Baroni

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